Transardinia In Bici nel cuore della Sardegna Parte 2 – La seconda e attesa parte del bikepacking in Sardegna dell’avventuroso blogger friend di Brickscape Giovanni Cammilli.
Transardinia In Bici nel cuore della Sardegna Parte 2
Secondo giorno: 85 Km x 2400 metri di dislivello
Se il primo giorno mi ha messo a dura prova la seconda mattina ha rischiato veramente di minare ogni mia motivazione. Dopo un ottimo sonno ristoratore e una colazione pantagruelica parto di buona lena su ripidi tornanti prima asfaltati poi cementati, arrivato in quota mi rifornisco d’acqua e inizio la lunga salita verso il Supramonte su fondo smosso.
Lo stradello si trasforma quasi subito in un single-track impossibile da pedalare. La bici carica diventa ingovernabile e mi costringe a spingere sia in su che in giù. Ogni tanto provo a fare dei pezzi sopra ma correndo rischi stupidi… infatti dopo poco assaggio il duro suolo Sardo.
Dopo essere cascato, sbucciato, bestemmiato, mi rendo conto che ho perso il gps… e mi prende lo sconforto. Abbandono la bici e torno a piedi sul luogo dell’incidente, niente, come cercare un ago in pagliaio, ritorno alla bici, inizio a valutare tutte le possibilità … primo ricomprare il gps a Roberto Malventi (che me lo ha gentilmente prestato)…. poi …ho la traccia sul telefono, ma è difficilmente fruibile, poi…. mi dispiace troppo… torno indietro la seconda volta guardando ogni singolo sasso, niente. Il sentiero è stretto e ripido costeggiato da strapiombi di decine di metri.
Penso alle soluzioni alternative, l’unica cosa che mi viene in mente è tornare verso la civiltà e proseguire il viaggio su asfalto. Oramai non ha molto senso avere fretta, mi prendo tutto il tempo necessario per decidere e mentre penso ad ogni situazione possibile torno indietro alcune centinaia di metri. Fatti pochi passi lo vedo lì in mezzo al sentiero, una frenesia innaturale mi pervade e mi metto a urlare di gioia. Torno di corsa alla bici e riprendo il percorso.
L’entusiasmo si spenge rapidamente, il sentiero non è ciclabile e mi costringe di nuovo a spingere. E’ quasi mezzogiorno e ho fatto pochissima strada. L’idea era di scalare il Gennargentu il pomeriggio ma sono ancora molto lontano, per il momento devo trovare il modo di uscire da questa situazione di empasse.
Spingo, pedalo 100 metri e spingo 10 minuti, l’acqua scarseggia e il caldo è impressionante…. trovo una fonte molto sospetta ma non ho altra possibilità che abbeverarmi…. le prime due borracce me le tiro addosso cercando di abbassare la temperatura corporea, faccio due gocce di pipì, ma la minzione mi sembra che esca a chicchi…. la disidratazione può giocare brutti scherzi così decido di bere anche se il rischio di gastroenterite è assicurato.
Inizio una lunga discesa dissestata verso valle, devo restare concentrato, non voglio correre rischio di cadere qui in mezzo al nulla. Più che scendo verso il basso più che il caldo aumenta. Arrivo in una valle e la calura è insostenibile, passo sopra un ponte e vedo sotto di me un ruscello, mi ci fiondo dentro vestito, compreso soldi e carte di credito….
Rimango a guazzo per 40 minuti, tanto oramai la tabella di marcia è andata a farsi benedire, cercherò di raggiungere in serata un B&B a Fonni.
Pedalo su una strada asfaltata che prendo in direzione di Orgosolo, la strada è talmente deserta che per ripararmi dal sole viaggio costantemente nella corsia opposta nettamente più ombreggiata. Raggiungo Orgosolo nel mezzo del pomeriggio, mi rifocillo, faccio un po’ di foto ai murales e riparto in salita verso Montes.
Arrivo ad un albergo desolato in mezzo ad un altopiano molto suggestivo. Mi fermo ho proprio voglia di un caffè. Il vecchio gestore dopo aver ascoltato la mia richiesta si rimette a vedere la fine della tappa del tour de France, aspetta la classifica generale e passato buoni 15 minuti mi porta in un altro locale… dove mi offre il caffè!
Oramai Fonni è a poche decine di chilometri e ci arrivo prima di cena. Finalmente un bell’albergo e un buon ristorante…..per il Gennargentu se ne riparla domani.
Giorno 3: 120 Km x 2700 metri di dislivello
‘La cosa più semplice è stata scalare il Gennargentu….poi sono iniziati i problemi. Mi sembrava di giocare a Monopoli e di pescare sempre gli imprevisti e mai le probabilità’.
Effettivamente, la salita che porta in cima al monte Broncu Spina a 1850 m. è tutta ben pedalabile anche quando diventa uno stradello sterrato. Arrivato in cima il panorama che si può ammirare è maestoso. Poi sono iniziati i problemi. Il primo tratto di crinale è molto bello e quasi tutto ciclabile, se non avessi avuto la bici stracarica lo sarebbe stato completamente.
Poi il creatore della traccia, che deve aver avuto dei grossi problemi di tossicodipendenza, mi fa scendere una sella per 300 metri di dislivello in mezzo ai massi e agli arbusti, senza la benché minima traccia di un sentiero. Impreco, maledico, mi graffio e mi sbuccio gli stinchi, finalmente in fondo vedo nitido uno stradello che taglia trasversalmente la montagna lo seguo fino ad arrivare ad un ovile dove trovo un pastore…
- Dove vai? Mi chiede.
- “Volevo arrivare all’agriturismo Girgini, dovrei girare qui a destra….”
- “Ma no! L’allunghi di 15 km, passa a sinistra è molto più corta”, sentenzia
- “Sicuro?”
- “Sì”
- “Ma è ciclabile?”
- “Tranquillo……”
Anche lui doveva essere un nemico dell’umanità perché dopo poche centinaia di metri il bello stradello finisce nel letto di un torrente e sull’altro versante della foce si intravede solo una traccia nell’erba che si inerpica ripida sulla montagna.
Inizio a spingere in salita, arrampicandomi su rocce taglienti come il vetro, trasportando al meglio la bici, un po’ in spalla, un po’ spingendola, talvolta provo anche a pedalare.
La salita non finisce mai, inizio a razionare l’acqua. Dopo un’ora di spinta arrivo in cima al crinale, intorno a me il nulla a perdita d’occhio, l’unica cosa che mi rassicura un po’ è che il sentiero è segnato CAI, ma i segnali bianco/rossi sono l’unica traccia di civiltà che si riesce a vedere in un raggio di 10 chilometri.
Ora il sentiero scende deciso, rigettando ogni buon proposito di prudenza decido di percorrerlo in sella giocando jolly a mazzi di cinque. Adrenalina a fiumi e in poco tempo raggiungo la strada sterrata che viene dall’agriturismo Girgini, …..torno indietro? Nooo, non ne ho proprio voglia! Trovo una bellissima fonte e mi ci tuffo! Riempio tutto ciò che può trasportare liquidi e riparto in salita.
La strada si fa subito dura, parecchio dura, arranco con il rampichino su salite interminabili a cui seguono discese scoscese, una dietro l’altra tipo girone dantesco. Arrivo finalmente su un altopiano desertico spazzato dal vento. L’ambiente è suggestivo e il fondo è decisamente più ciclabile.
Finisco le ultime gocce d’acqua e aspetto di arrivare ad una fonte segnata sulla traccia gps. La fonte in questione è un abbeveratoio per le mucche che non sono per niente contente di condividere l’acqua. Inizio a pensare a tutte le malattie a base di staffilo-cocco che mi possono colpire, ma purtroppo la sete ha la sua priorità.
Non penso al sapore e tracanno una borraccia tutta di un colpo. In mente ho dalla mattina solo una cosa…”un tuffo nelle fresche acque del fiume Flumendosa”, il fiume in questione dovrebbe essere una decina di chilometri sotto l’altopiano, faccio in tempo a risalire a 1300 m. per vedere il grande nuraghe di Orruinas e poi mi fiondo in discesa fino ad arrivare al letto del fiume incastonato fra delle stupende pareti di roccia.
Avessi preso un calcio nelle parti basse avrei sentito meno male! Il rigoglioso fiume descritto in tutte le guide è un rigagnolo che di tanto in tanto riempie delle pozze marroni piene di escrementi bovini.
Faccio il punto della situazione, il caldo è soffocante e devo uscire al più presto da questo cul de sac, quindi inforco la bici attraverso il ponte e inizio lemme-lemme a risalire la montagna.
Decido di trovare da dormire per poi ponderare sul da farsi il giorno seguente. Ovviamente mi sparo un altro passo a 1330 m. per chiudere la giornata, non prima di aver passato un lago di incommensurabile bellezza.
Giorno 4: 120 Km x 1000 di dislivello
Dopo la giornata appena trascorsa l’attraversare il rovente altopiano di Perdasdefogu mi attirava come un dito in un occhio, quindi nonostante l’invito del caro amico e local Dimitri Brundu, decido di cambiare traccia e puntare a sud-est.
Ho visto abbastanza pietre per questa vita e forse anche per altre dieci. Tappa di scarico complice il forte vento di maestrale che mi spinge a medie da cronoman, arrivo sulla costa e mi commuovo vedendo il mare a Capo Ferrato.
Ultimi 40 km e finalmente mi ricongiungo con la famiglia, negli occhi di mia moglie felicità e un pizzico di rassegnazione.
Considerazioni finali: giro duro, estremamente duro se fatto in queste condizioni climatiche ed in solitaria, traccia a mio avviso non adatta al bike-packing, meglio affidarsi ad una delle agenzie che organizzano la Transardinia in 7 giorni con jeep di assistenza e trasporto bagagli attraverso Brickscape.
D’altro canto riuscire a portare in fondo un giro così mi riempie di orgoglio e di soddisfazione.
Totale 425 km per circa 10.000 m. di dislivello, 35 ore di pedalata effettive in 3 giorni e mezzo (senza tener conto del portage), quasi come un turno in fabbrica.
Transardinia In Bici nel cuore della Sardegna Parte 2 – Perché il bikepacking è una delle esperienze che puoi trovare su Brickscape!