In sella ad una motocicletta – con l’ausilio di un GPS – alla scoperta dei Castelli della provincia di Parma è il modo migliore per fare esperienze in viaggio e per scoprire angoli poco conosciuti del nostro Paese.
Il turismo esperienziale passa anche attraverso il mezzo che si sceglie per compiere un viaggio. Moto, una bicicletta, un caravan oppure i buoni vecchi cari piedi, i tempi di percorrenza creano il presupposto per scoprire arte, cultura, natura o luoghi ideali per fare escursioni e visite.
I Castelli della provincia di Parma – visitati dal nostro Giorgio Pagnini – sono un ‘avventura’ esperienziale nella storia, nell’architettura e nella bellezza della regione Emilia Romagna.
Caratteristiche dell’itinerario
Visita a Castelli di origine medioevale della provincia di Parma, dal tipico aspetto difensivo con torri, merli, percorsi di ronda. Gli interni sono stati in parte rimaneggiati in epoche successive. Paesaggi di media collina con tratti boschivi ed altri scoperti con viste suggestive e panoramiche. Tratti ricchi di curve, ma con asfalto spesso in non in perfette condizioni.
Consigliato dividere l’itinerario in due giorni se si intende visitare i castelli. Costo ingresso variabile dai 6 ai 9 euro a persona. Possibile fare una carta dal costo di 2 euro che consente di avere una riduzione di 1 euro sugli ingressi di tutti i castelli del circuito. Maggiori informazioni sul sito: http://www.castellidelducato.it/castellidelducato/
Molti castelli abbinano alle visite attività culturali, soprattutto nel periodo estivo ed alcuni offrono anche la possibilità di poter dormire al loro interno (su prenotazione).
Km del percorso circa 200
https://it.wikiloc.com/wikiloc/user.do?name=gichiube&id=2378194
Suggerimenti Gps
Sistema GPS e Roadbook Digitale – Tripy II
Sito ufficiale – http://www.tripy.eu/en
Presentazione in italiano – https://www.youtube.com/watch?v=HNFb6o9nB00&t=181s
Introduzione
Come fare per avere la sicurezza di effettuare un itinerario preciso senza deviare ed in caso di errore non lasciare al gps il ricalcolo del percorso ma dover trovare il modo per ritornare sulla corretta via?
Sembra una domanda banale o meglio non particolarmente rilevante, però…
Tutti i navigatori GPS, comprese le App da celllulare, hanno una funzione, impostata come standard, che, se sbagliamo percorso, ricalcola le strade da percorrere per farci raggiungere la destinazione…. Ecco, appunto la destinazione, non il tragitto per raggiungerla: ma se il percorso interessa tanto quanto il punto di arrivo?
Ci sono due modi: o disabilitate il ricalcolo automatico dove possibile, oppure vi dotate di questo strano navigatore/roadbook che è Tripy II. Dispositivo GPS non economico, ma adatto a quanti amano costruirsi i propri tragitti ed a percorrerli il più fedelmente possibile.
Ed è quello che ho cercato di fare attraversando crinali e valli della provincia di Parma alla ricerca di alcuni dei più bei castelli medioevali di questa zona.
Il viaggio
Il percorso inizia dall’uscita autostradale di Brugnato, poco dopo La Spezia, proprio alle spalle delle famosissime Cinque terre. La strada risale, costeggiandolo, il torrente Vara in una zona molto verde e “boscosa”, che, in virtù delle tecniche di coltivazione biologiche, è detta la “Valle del biologico”. Sono ad inizio viaggio e non ho tempo di gustare le prelibatezze alimentari della zona, però, a giudicare dal semplice panino consumato al bar della piccola stazione di servizio, direi che sarebbe un argomento da approfondire con più calma e profitto.
Si attraversa Varese Ligure, piccola e graziosa cittadina con al centro un piccolo “sotto-borgo” costituito da case-botteghe disposte in circolo e per questo classificata tra i “Borghi più belli d’Italia”. Girando a destra si lascia la strada di fondovalle e si inizia a salire. Le curve si fanno interessanti ed a tratti serrate, anche se l’asfalto non perfetto invita a non correre. Molto meglio, quindi, gustarsi questo paesaggio che cambia rapidamente diventando in pochi chilometri da boschivo ad alpeggio, con un bel panorama su un ampio fondovalle.
Ecco il passo Cento Croci, dove una leggenda, risalente alla fine del Settecento, vuole ci fosse una locanda gestita da un’ostessa dedita a rapinare e uccidere i propri avventori, per poi seppellirli in un campo, da cui il numero di croci. Ostessa poi scoperta e giustiziata grazie ad un attento frate scampato agli assalti. Una delle tante storie (vere o false che siano) che si raccontano sui molti appartati luoghi di transito degli Appennini.
La strada serpeggia tra i boschi passando attraverso piccoli abitati di poche case. Poco prima di uno di questi, Tarsogno, all’Hotel Miramonti, si gira a sinistra lasciando la provinciale, proseguendo sulla stessa strada fino al microscopico Barca, passato il quale si gira a destra e si scende verso un nuovo fondovalle. Appare in lontananza il castello di Compiano fondato prima dell’anno mille sul crinale di un colle che domina il torrente Taro.
Fino al 1682 di proprietà della famiglia Landi, nome che ritroveremo molte volte in queste valli, poi dei Farnese e successivamente ampliato in varie fasi ed ora restaurato.
Il castello si presenta con una struttura massiccia e compatta, con una pianta a pentagono irregolare, chiusa da tre torri rotonde e da una quadrata di fattura più antica. Per una rapida visita ci si può spingere fino all’ingresso del Resort che è ora diventato, avendo una bella vista sulla valle e le varie parti della fortezza. Per approfondire si può anche visitare l’interno che ospita il Museo Marchesa Raimondi Gambarotta con le sue stanze dagli arredi sfarzosi, i segreti del Museo della Massoneria e la storia delle tipicità locali del Museo enogastronomico. Molto piacevole è anche passeggiare per il paesino alla base del castello, ancora racchiuso dall’antica cinta muraria, sulla quale si aprono due ingressi fortificati
Dal castello – sempre alla scoperta dei Castelli della provincia di Parma – si presegue su una strada collinare con tante curve ed una buona alternanza di tratti veloci con altri maggiormente guidati, attraversando piccoli paesini immersi in paesaggi bucolici. Si raggiunge la valle del torrente Toncina e dopo poco si comincia ad intravedere, arroccata sopra uno sperone di diaspro rosso, la Fortezza Bardi.
Il nucleo originale di questo castello, ampliato e rimaneggiato in varie fasi, risale a più di mille anni fa. Dalla metà del Duecento, e per oltre quattro secoli, appartenne alla solita famiglia Landi, principi rinascimentali che battevano moneta su licenza imperiale. Verso la fine del Cinquecento, la Fortezza, venne poi parzialmente trasformata in dimora signorile, Visitando le varie parti si percepisce ancora chiaramente la sua straordinaria valenza bellica e difensiva. I camminamenti di ronda, che offrono bellissimi scorci verso valle, le torri, le diverse sale che simulano le destinazioni originarie, cucine, prigioni, comuni abitazioni, sono un tuffo nel passato che né i rimaneggiamenti successivi, né gli allestimenti museali degli interni, un po’ caserecci, hanno annacquato.
Oltre alla fortezza anche l’intorno è estremamente suggestivo. Il paesaggio è dominato dalle ampie sedi dei due torrenti, il Ceno ed il Noveglia, alla cui confluenza si trova il castello e dalla corona di colline che circondano il sito. Questo è un posto abitato fin dalla preistoria, dato che le montagne dei dintorni possiedono giacimenti di selci vetrose (comunemente chiamate diaspri) che attirarono qui, nel corso dei millenni, diverse popolazioni preistoriche. Tra l’altro questo materiale ed il tipo di lavorazioni, sono identici a quelli ritrovati tra il corredo di Ötzi, la mummia scoperta tra i ghiacci del Similaun, in Alto Adige e vecchia di 5000 anni.
Il piccolo paesino che fa da contorno al castello è gradevole ed ospitale, ma non ha particolari attrazioni. Da qui si potrebbe andare direttamente al castello di Varano, passando per Varsi, ma ho previsto di effettuare un ampio giro che passi dal castello di Scipione lungo una strada che si mantiene prevalentemente sul fianco delle colline con tante curve in mezzo ai boschi, una costante di tutto l’itinerario.
Riprendendo il viaggio si passano dei microabitati dagli strani nomi, per essere eufemistici, Piana Gazzo, Gazzo, con una piccola chiesetta, Cogno Gazzo. Francamente se non avessi scritto questi nomi sul navigatore Tripy non avrei neanche immaginato che queste case sparse avessero un toponimo. Questa di poter scrivere delle note alla navigazione è una delle funzioni più interessanti di questo GPS. Infatti oltre alle indicazioni che vengono automaticamente prodotte da Tripy quando si pianifica una destinazione, è possibile sia ritoccare quelle create, aggiungendo delle note o dei disegnini esplicativi (detti pittogrammi) oppure aggiungerne di nuove, magari per segnalare qualcosa da visitare nelle vicinanze o per aggiungere informazioni sulla scorrevolezza della strada, ad esempio, il tutto con un apposito software chiamato RoadTracer che è in dotazione con l’apparecchio. Tutte cose che non è possibile fare con un normale navigatore che si concentra solo sulle indicazioni stradali. Con Tripy il percorso diventa importante tanto quanto il punto di arrivo, portandoti a destinazione, ma segnalandoti cosa guardare o dove fermarti, a seconda delle annotazioni inserite nello strumento.
Ancora curve e paesini, prima Pianazzo (cinque case) e poi la “metropoli” di Bore, primo vero abitato dopo Bardi. Poi ancora su e giù da colline, dentro e fuori dai boschi, con curve scorrevoli e panoramiche. Si raggiunge la valle del fiume Stirone, si prosegue fino a Scipione Ponte, dove si devia per il Castello che è quasi alla periferia di Salsomaggiore Terme.
Quello di Scipione è un piccolo maniero, ampiamente rimaneggiato negli anni ed ora più dimora patrizia che fortezza difensiva. Però è uno dei più antichi della regione, essendo stato costruito nell’XI secolo dai Marchesi Pallavicino. La leggenda vuole che il Castello debba il suo nome ad una preesistente villa romana costruita da consanguinei di Publio Cornelio Scipione l’Emiliano, il generale che annientò Cartagine. Nato come struttura militare all’interno di un sistema più ampio, a difesa dello Stato Pallavicino, feudo del Sacro Romano Impero, ebbe, nel Medioevo, una grande importanza anche per la sua posizione strategica a difesa dei numerosi pozzi per l’estrazione del sale, di cui i Pallavicino erano i maggiori produttori. La visita dell’interno è guidata ed incentrata sugli arredi interni patrimonio dei Marchesi, prevalentemente del Settecento. Molto bello il cortile interno con loggiato seicentesco con vista panoramica sulle colline circostanti. Colline di grande valore paesaggistico e che dominano il Parco Fluviale Regionale del torrente Stirone.
Dal castello si scende a Salsomaggiore attraversando il centro, passando davanti alle Terme, si prosegue per Pontegrosso dove la strada inizia a salire e con pochi e scorrevoli tornanti siamo di nuovo ad una quota collinare, che consente di apprezzare la bella campagna che stiamo percorrendo. Si sale fino alle poche case di Pietraspaccata e si devia verso sinistra lungo un tratto di crinale che si mantiene all’incirca alla stessa quota per poi iniziare a scendere dolcemente verso la valle del Ceno e l’abitato di Varano dei Melegari.
Qui si trova un altro Castello Pallavicino che rappresenta uno dei migliori e più affascinanti esempi di architettura a carattere difensivo. L’edificazione della Roccaforte avviene nel XI secolo, per essere poi notevolmente ampliata nel corso del XIII e XIV secolo, con l’aggiunta di elementi quali il Mastio ed il Salone d’Onore. La famiglia Pallavicino mantenne per diversi secoli il controllo delle principali vie di comunicazione tra la Toscana, l’Emilia e la Liguria, attraverso un’ampia rete di torri, castelli e fortezze. Nel corso dei secoli, la Roccaforte passò ai Visconti ed i Farnese, Duchi di Parma e Piacenza. Dal 2001, il castello è di proprietà del Comune di Varano De’ Melegari che ne gestisce le visite.
Il castello è veramente imponente anche se, essendo posizionato un una zona pianeggiante quasi sul greto del fiume, non offre la stessa sensazione di possanza ad esempio del castello Bardi. Però le sue squadrate torri hanno proporzioni quasi eleganti ed è molto piacevole percorrere l’intero perimetro esterno. La visita dell’interno è condotta da guide abbigliate con costumi di foggia medievale (mah!!) e comprende, tra l’altro, le antiche sale quattrocentesche, i camminamenti di ronda, la balconata panoramica, lo scalone settecentesco ed il Salone d’Onore affrescato.
L’ultimo castello del nostro tortuoso itinerario e quello di Torrechiara, per raggiungere il quale dobbiamo fare ancora un po’ di strada. Si segue l’alveo del torrente Ceno, attraversando l’abitato di Varano, fino a che questo non confluisce nel Taro, che si attraversa su un lungo ponte entrando in Fornovo. Si lascia immediatamente il paese arrampicandosi di nuovo sulle colline. Ancora piena campagna passando in mezzo ad alcune cascine, per scendere e salire di nuovo fino a San Vitale di Baganza. Si costeggia il torrente Baganza fino al ponte che lo attraversa per poi risalire dall’altro lato e continuare in direzione di Felino, una delle capitali degli insaccati emiliani, per poi girare in direzione di San Michele a Tiorri, l’abitato di Pilastro e poi ecco sul fianco di una collina il meraviglioso e fiabesco castello di Torrechiara.
Costruito tra il 1448 e il 1460 dal “Magnifico” Pier Maria Rossi la sua funzione difensiva è attestata da tre cerchia di mura e da quattro torri angolari, dalle proporzioni molto armoniose. L’interno è altrettanto imponente ed affascinate con il suo cortile d’onore e la ricchezza degli affreschi a ‘grottesche’ di Cesare Baglione. Straordinaria anche la “Camera d’Oro” che occupa l’intero primo piano dalla torre omonima, quella di nord-est. Era la camera da letto di Pier Maria Rossi, che la fece affrescare dal pittore Benedetto Bembo nel 1452, per celebrare la sua storia d’amore con Bianca Pellegrini e la potenza del casato, attraverso la raffigurazione di tutti i castelli del feudo. Una fortezza dal cuore affrescato.
Starei ore a rimirare questo castello, visibile agevolmente da ogni lato, le cui forme invitano ad immaginare storie di battaglie, di vita rude, ma anche di meritato riposo ed amore, come quelle narrate nel film “Ladyhawke” alcune scene del quale sono state qui girate alla metà degli anni ’80. Pellicola interpretata dal prestante Rutger Hauer e dalla bellissima Michelle Pfeiffer con la fotografia del pluripremiato (tre Oscar) Vittorio Storaro.
Non un capolavoro della cinematografia mondiale, ma una bella storia che, coniugando azione e romanzo, mostra questo castello e gli altri utilizzati come fondali, in un’atmosfera simile al tempo del loro massimo splendore.
Siamo alla fine della selezione di Castelli della provincia di Parma proposta. Quasi duecento chilometri, tra paesaggi agresti, boschi, paesini e muscolosi manieri. Ma molti altri castelli ci sarebbero ancora da visitare in queste terre ricche di storia. Dalla scenografica Rocca SanVitale di Fontenellato, che spicca al centro del paesino, ancora circondata dal fossato, alla Rocca Meli Lupi di Soragna, con le sue ricche sale interne e la lunghissima galleria che si sviluppa nel corpo a nord-ovest della rocca, fino alla reggia di Colorno, monumentale struttura architettonica circondata da un meraviglioso giardino alla francese. In totale sono quattordici i castelli della provincia di Parma ed undici quelli della contigua provincia di Piacenza, per le vostre prossime uscite non c’è che l’imbarazzo della scelta.